lunedì 28 gennaio 2019

Don Matteo, la Shoah e la sinistra

Interno del Tram 8.
A Roma generalmente preferisco spostarmi utilizzando i mezzi pubblici: scelta suggerita dall’apprensione generata dal traffico e dalla difficoltà dei parcheggi, cui si aggiunge il provare a condividere un pizzico della vita delle persone che quotidianamente se ne servono per recarsi sul posto di lavoro. C’è anche, almeno di tanto in tanto, la possibilità di assistere in diretta a qualcuno di quegli scambi ad alta voce, che fanno tanto “atmosfera romana” e che hanno ispirato pezzi di comici famosi come Proietti e Verdone.
Fino a trent’anni fa scambi del genere erano all’ordine del giorno. Ora si sono fatti molto rari, a motivo della presenza dei tanti stranieri e degli smartphone, che semmai ti obbligano a seguire colloqui di lavoro o liti fra fidanzati, di cui non ti importa nulla. Resistono le donne di una certa età, che non esitano a rivolgerti la parola, anche se non ti hanno mai visto, e ad inveire contro ignoti. Resistono anche - ahimè! - quelli che hanno alzato il gomito.


Mi è capitato stamani sul tram numero 8. Quando sono entrato, i due, uno magro ed emaciato l’altro rubicondo con barba brizzolata, ancora bell’uomo, stavano già disquisendo.
  • Lo hai visto don Matteo ieri sera alla televisione?
  • Don Matteo? E chi è?
  • Quel prete che… lo hanno fatto vescovo… in Polonia… e che parlava dello sterminio degli Ebrei.
  • Li mortacci! Io Hitler lo ammazzerei… Però tengo a precisare che so’ de destra… perché quelli che una volta erano di sinistra ora so’ de destra.
Escono prima di me. Un giorno probabilmente qualcuno lo dirà al rubicondo che Hitler è morto da un pezzo. E a me qualcuno spiegherà la sua ultima affermazione politica, che sembrava tanto lucida?

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