martedì 29 gennaio 2019

Gli Oblati giocano a zona

Lo devo dire per chi non lo sa. Gli Oblati di Maria Immacolata della Provincia Mediterranea (Italia + Spagna + le loro delegazioni e missioni) sono suddivisi in zone. Quattro in Italia: Nord, Roma e Castelli + Sardegna, Centro Sud, Sud; e una per tutta la Spagna. Questa suddivisione, che non ha principalmente fini amministrativi, ha lo scopo precipuo di alimentare la fraternità e, secondariamente, di condividere qualche iniziativa pastorale.
Oggi 24 Oblati della zona si sono incontrati nella comunità del Crocifisso per l’intera giornata. Dopo la preghiera e la meditazione, il confronto guidato dal Provinciale, padre Gennaro Rosato, ha avuto come oggetto la situazione attuale della Provincia, che vede la media di età dei suoi membri continuare a crescere, senza che ci sia un ricambio generazionale adeguato, anche se per l’anno prossimo si prevedono sei novizi.

P. Gennaro Rosato, provinciale, e p. Elio Filardo, membro della comunità del Crocifisso.
Tuttavia, pur se ci si interroga sulla chiusura ulteriore di alcune comunità, l’entusiasmo ha prevalso. Un entusiasmo solido, però, fondato sul volere condividere le gioie e portare i pesi gli uni degli altri.


Non si può non dire una parola su chi ha lavorato in cucina: Anna, Adelia e Carlo. Quando c’è comunione, fratellanza, la tavola è uno straordinario punto di incontro. Meglio se la cucina è buona, come lo è stata oggi.
Siamo pronti a ripartire!

lunedì 28 gennaio 2019

Don Matteo, la Shoah e la sinistra

Interno del Tram 8.
A Roma generalmente preferisco spostarmi utilizzando i mezzi pubblici: scelta suggerita dall’apprensione generata dal traffico e dalla difficoltà dei parcheggi, cui si aggiunge il provare a condividere un pizzico della vita delle persone che quotidianamente se ne servono per recarsi sul posto di lavoro. C’è anche, almeno di tanto in tanto, la possibilità di assistere in diretta a qualcuno di quegli scambi ad alta voce, che fanno tanto “atmosfera romana” e che hanno ispirato pezzi di comici famosi come Proietti e Verdone.
Fino a trent’anni fa scambi del genere erano all’ordine del giorno. Ora si sono fatti molto rari, a motivo della presenza dei tanti stranieri e degli smartphone, che semmai ti obbligano a seguire colloqui di lavoro o liti fra fidanzati, di cui non ti importa nulla. Resistono le donne di una certa età, che non esitano a rivolgerti la parola, anche se non ti hanno mai visto, e ad inveire contro ignoti. Resistono anche - ahimè! - quelli che hanno alzato il gomito.


Mi è capitato stamani sul tram numero 8. Quando sono entrato, i due, uno magro ed emaciato l’altro rubicondo con barba brizzolata, ancora bell’uomo, stavano già disquisendo.
  • Lo hai visto don Matteo ieri sera alla televisione?
  • Don Matteo? E chi è?
  • Quel prete che… lo hanno fatto vescovo… in Polonia… e che parlava dello sterminio degli Ebrei.
  • Li mortacci! Io Hitler lo ammazzerei… Però tengo a precisare che so’ de destra… perché quelli che una volta erano di sinistra ora so’ de destra.
Escono prima di me. Un giorno probabilmente qualcuno lo dirà al rubicondo che Hitler è morto da un pezzo. E a me qualcuno spiegherà la sua ultima affermazione politica, che sembrava tanto lucida?

venerdì 25 gennaio 2019

Ora superiore ora subalterno

Statua di san Paolo
in piazza San Pietro, Roma.
Il 25 febbraio ricorda la conversione di san Paolo e la fondazione della congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, il cui fondatore, sant’Eugenio de Mazenod, ha conosciuto pure lui una conversione che richiama le parole di Paolo nella Lettera ai Filippesi: “Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo”.
In questo giorno mi sono concesso il lusso di celebrare da solo all’altare dei voti, alla Casa Generalizia degli Oblati. Si tratta dell’altare maggiore che si trovava nella chiesa della missione di Aix e davanti al quale i padri de Mazenod e Tempier fecero voto l’11 aprile 1816, Giovedì Santo. A causa dell’espulsione degli Oblati, nel 1880 l’altare fu trasportato in un’altra residenza francese e verso il 1903, insieme al cuore del Fondatore e alla statua dell’Immacolata, a Roma, dapprima in via Vittorino da Feltre, e poi, nel mese di agosto del 1950, all’apertura dell’attuale Casa Generalizia, in via Aurelia, sempre con la statua e con altri ricordi del Fondatore.


Su quest’altare i padri de Mazenod e Tempier decisero, dunque, come condizione indispensabile per la vita della nascente congregazione, di fare un voto di obbedienza reciproco, che li avrebbe resi ora superiore ora subalterno l'uno dell’altro.

sabato 19 gennaio 2019

L'architriclino

Il vangelo delle nozze di Cana (Gv 2,1-11) che proclamiamo in questa seconda domenica del tempo ordinario, mi ha fatto ricordare un articolo che ho scritto per la rivista Missioni OMI vent'anni fa. Ne ripropongo una parte.

Capita anche a noi, che facciamo parte di una congregazione religiosa e missionaria e non svolgiamo abitualmente il nostro ministero in una parrocchia, di celebrare di tanto in tanto un matrimonio.
In genere ce lo chiedono i giovani che ci conoscono bene e che abbiamo affiancato nel loro cammino cristiano.
Matrimonio degli amici José-Marco e Mara conosciuti a Lourdes. L'ho celebrato a Valladolid (Spagna),
quando ancora non avevo i capelli bianchi e... prima di scrivere questo articolo.
Altre volte si ha la netta sensazione di essere stati chiamati solo per rendere più “chic” la celebrazione, per ammobiliarla, come direbbero i francesi: un segno particolare aggiunto al rito, il fascino generato dall’essere sconosciuti ai più, il giocare a fare il simpatico e, soprattutto, una bella omelia. Insomma, se la festa è stata organizzata nei minimi dettagli, anche un “bel prete” non guasta, meglio se è originale.
In quest’ultimo caso si può provare qualche momento di imbarazzo, ma generalmente sono i momenti di gloria a prevalere: “non avevo mai partecipato ad una celebrazione così” (io sì); “ma lei da dove viene, padre?” (come Melkisedek, senza origini); “che belle parole!” (meglio non verificare ciò che hanno capito!); “si sentiva proprio la familiarità con gli sposi!” (ci siamo visti sì e no un paio di volte).
E si può addirittura rischiare di prendere il posto dei festeggiati principali. Si intuiscono, infatti, all’uscita della chiesa, in chi non ha avuto il coraggio di parlarti, sguardi di ammirazione, quasi un invito a muovere il primo passo.
Ahimè! La gloria è, però, destinata a durare poco. Quando, dopo la funzione religiosa, si passa, in verità assai malvolentieri nella maggior parte dei casi, a subire il martirio di pranzi che non finiscono mai in mezzo a schiamazzi o luoghi comuni sulla bellezza e originalità del vestito della sposa (a me sembrano tutti uguali!), si è costretti a prendere irrimediabilmente atto dell’entrata in scena di un altro personaggio, che ti sostituisce senza tante storie nel ruolo di protagonista: il maestro di tavola.
Lo ho osservato. È lui ad accogliere gli sposi all’arrivo e a suggerire un applauso, mentre li accompagna al loro tavolo; è lui a dare inizio a feste e danze con un semplice gesto della mano o della testa, pur sorvegliando il servizio dei camerieri; è lui a consigliarti un cibo raffinato e il vino che l’accompagna.
La sua tipologia fisica non è sempre la stessa. Però, sia che sia grasso e paffuto e stia alle soglie dell’ingresso, sia che sia magro e affilato e si piazzi dietro un tavolo, la sua caratteristica principale è quella di infondere sicurezza: “tutto è sotto controllo” – sembra dire ogni suo modo di fare.
Giotto, Le Nozze di Cana, particolare,
Cappella degli Scrovegni, Padova.
Un personaggio così è presente anche nel Vangelo, in quello di Giovanni, alle nozze di Cana. l'Architriclino (ὁ ἀρχιτρίκλινος) in greco. Anche lui aveva le sue sicurezze, “sapeva” come e in che ordine bisognava servire a tavola. Probabilmente se la sarebbe pure cavata nell’affrontare l’imprevista mancanza di vino. E forse nell’osservazione che fa a Gesù, di fronte al miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, imprevisto anche questo, c’è pure una punta di umorismo, una sottile vena di ironia: “Tutti mettono in tavola per primo il vino buono e fanno servire quello più scadente quando la compagnia è allegra; tu, invece, hai conservato per ultimo il vino migliore”.
Certo è che in questo segno, in cui si manifesta la gloria di Cristo e dove il nuovo portato da Gesù prende il posto del vecchio, l’Architriclino è costretto a rielaborare i suoi schemi, ad accettare un fattore sorpresa.
...
Meglio che Architriclino è essere Maria che resta fiduciosa in un intervento sorprendente del Signore. Il vino migliore deve ancora essere servito.



domenica 13 gennaio 2019

Veronica e le Clarisse

L’ho incontrata per la prima volta in Cappella Universitaria a Tor Vergata, dove ho prestato servizio per un anno. Studentessa alla Sapienza, Veronica veniva all’università di Roma2 per un master di economia. Mi aveva chiesto subito di fare una chiacchierata: era alla ricerca per capire come e dove offrire la sua vita al Signore ed era molto attratta dalla vita missionaria. Ci siamo poi visti qualche altra volta, ma la diversità dei nostri impegni e la lontananza ci avevano fatto capire che non saremmo riusciti a frequentarci regolarmente.
Mi ha richiamato l’anno scorso. La sua ricerca l’aveva portata ad avere una forte attrazione per la vita di clausura e, dopo, aver conosciuto alcuni monasteri, la scelta era caduta sulle Clarisse del Monastero di Santa Chiara di via Vitellia a Roma. Ora mi chiedeva di essere il suo direttore spirituale.
Da allora ci siamo visti regolarmente, prima fuori e poi, durante il periodo del suo aspirandato, in monastero, dove ho scoperto una realtà bella, gioiosa, serena, numerosa. E sono cresciuto.
Oggi Veronica è entrata in probandato, tappa iniziale di un percorso sapientemente lungo. Alla piccola e breve liturgia, oltre a due amiche del monastero e al sottoscritto, erano presenti solo i genitori e un fratello.
Nel monastero restano le grate, non tanto per marcare una separazione, 
quanto per ricordare alle religiose il loro rapporto speciale con Dio.
Veronica ha bussato alla porta del monastero; la porta si è aperta e la madre abadessa le ha chiesto cosa desiderasse.
- Condividere la loro vita, la vita delle 25 sorelle che l’hanno accolta in cerchio e cantando.
Con i genitori e il fratello Tommaso.


Prima di bussare alla porta.
Abbiamo pregato con grande emozione con le parole di san Francesco, benedetto il tau che ha messo al collo, proclamato il vangelo della Samaritana. Poi in processione ci siamo diretti in chiesa per pregare l’ora media.Per finire siamo tornati in parlatorio, dove oltre alle religiose da una parte, dall’altra c’eravamo solo io e la famiglia: un momento di grande convivialità. E non c'è stato bisogno di dolci e bibite.
E il futuro?
Lo Spirito, che oggi, nella festa del battesimo del Signore, ha rivelato l’identità di Gesù, nella preghiera aiuterà Veronica a capire qual è la sua… e la nostra!

venerdì 11 gennaio 2019

Alla scuola La Salle

Alla prof che le ha chiesto il passato remoto del verbo piovere ha risposto piosse. “Effettivamente – mi dice ridendo l’alunna di seconda media (oggi si dice scuola secondaria di primo grado) – non era la risposta giusta”. Le chiedo a mia volta il passato remoto del verbo cuocere. Cossi – risponde immediatamente. Quando affermo, convinto, che darei un bel 9 a chi lo sa come lei, si illumina ancora di più. E continuiamo a chiacchierare di cose importanti: scuola, genitori, fratelli e sorelle, amori presunti tali, amici…
Celebrazione della messa in cortile all'inizio dell'anno scolastico.
Sono dieci anni che presto servizio in questa scuola dei Fratelli delle Scuole Cristiane: celebro messa la domenica, dove in modo speciale camminiamo insieme con i bambini che faranno la prima comunione e i loro genitori (e nonni); mi metto a disposizione il venerdì per ascoltare soprattutto i più grandi. Sono tantissimi a venire, quasi tutti. Ne hanno bisogno e toccano argomenti non sospettati da noi adulti: è una delle cose più belle che faccio nel mio ministero sacerdotale, anche se succede a volte che, se ti incrociano fuori, fanno finta di non conoscerti.
Noi, forse, abbiamo dimenticato come eravamo da adolescenti.